IFRS 18: il nuovo conto economico delle società IAS/IFRS adopters


Il nuovo conto economico delle società IAS/IFRS adopters

IFRS 18: il nuovo conto economico delle società IAS/IFRS adopters

Nel corso degli ultimi anni, l’armonizzazione delle regole contabili ha rappresentato uno dei principali obiettivi della Comunità Europea per agevolare lo sviluppo e l'efficienza dei mercati finanziari europei. La decisione della Comunità europea di introdurre progressivamente i principi contabili internazionali IAS/IFRS dello IASB (International Accounting Standard Board) all'interno di ciascun paese membro nasce dall’esigenza di avere un corpus di regole contabili organico, coordinato e qualitativamente riconosciuto a livello internazionale.

L’ IASB (International Accounting Standards Board) ha portato a termine l’IFRS 18, una revisione completa del precedente principio contabile IAS 1 e che emenda altri principi come lo IAS 7 con l’obbiettivo principale di migliorare la comunicazione delle aziende nel proprio bilancio, rispondendo al bisogno primario di avere a disposizione una migliore documentazione delle performance finanziarie delle imprese.

L'IFRS 18, che quindi sostituirà lo IAS 1, sarà effettivo per i periodi di rendicontazione annuale che iniziano il 1º gennaio 2027 o successivamente. Tuttavia, è permessa un'applicazione anticipata.

Perché è necessario l’IFRS 18?

I principali motivi dietro alla redazione del nuovo principio contabile riguardano la mancanza di previsioni dettagliate nei precedenti principi finora pubblicati in merito a: 

  • Dove classificare i ricavi e le spese nel conto economico
  • Quali totali parziali sono necessari nella redazione del conto economico
  • Come aggregare le informazioni che devono essere presentate nel bilancio o nella nota integrativa

Questa mancanza ha portato spesso a profonde differenze nella stesura del bilancio d’esercizio; infatti, le aziende hanno definito propri subtotali, proprie riclassificazioni e le proprie misure di performance. Gli investitori affermano che tale diversità rende difficile le analisi e le comparazioni delle performance delle varie aziende.

I principali punti di innovazione delle regole contabili riguardano:

  1. Due nuovi totali parziali nel conto economico, tra cui l’utile operativo (operating profit)
  2. Definizione di misure di performance definite dal management, MPMs, “Management-defined performance measures”
  3. Nuovi requisiti di aggregazione (o disaggregazione) di voci e/o informazioni simili (o diverse) sia nel bilancio pubblicato sia nella nota integrativa
  4. Limitati cambiamenti al rendiconto finanziario per aumentarne la confrontabilità

L’operating profit o Utile operativo

Muovendo dalla prima modifica sostanziale, nella redazione del conto economico il Board ha introdotto due nuovi subtotali, l’utile operativo e l’utile ante oneri finanziari e imposte sul reddito (dall’inglese earning before interest and taxes) che si aggiungono a quelli già richiesti obbligatoriamente, ossia l’utile ante imposte e il risultato d’esercizio netto (utile/perdita). Di seguito vediamo un rapido esempio per una migliore comprensione:

 

Oltre ai quattro totali parziali nell’esempio in grassetto che, a seguito dell’IFRS 18, dovranno essere presenti obbligatoriamente nel Bilancio potranno sempre essere presentanti anche altri totali parziali come il Gross profit o l’utile netto delle attività continuative. Secondo il nuovo principio contabile a un’entità è richiesto di presentare anche diversi subtotali da quelli obbligatori, qualora essi siano necessari per mostrare uno schema di sintesi di proventi e oneri funzionale agli utilizzatori del bilancio.

L’inserimento di nuove voci nel conto economico porta a una nuova classificazione di costi e ricavi in categorie omogenee, in particolare ne sono state individuate cinque: attività operative, attività d’investimento, attività di finanziamento, imposte sul reddito e attività operative cessate.  

Avete notato che di fatto l’IFRS 18 introduce ben due “EBIT” ovvero earnings before interest and taxes? Cosa differenzia questi due “redditi operativi”? Come mai? Andiamo per gradi e vediamo il tutto!

Entriamo nel dettaglio l’attività operativa; essa include tutti le voci di conto economico che non vengono riclassificati sotto l’aerea di investimento, di finanziamento, fiscale o di attività cessate. Tale attività, perciò include, ma non si limita, ai proventi e oneri dell’attività caratteristica dell’azienda ma anche a quelli che provengono da altre attività aziendali che non soddisfano i requisiti delle categorie citate precedentemente. Inoltre, le operazioni in questione possono essere anche non periodiche e, anzi, straordinarie, in quanto l’utile operativo non è una misura delle operazioni ricorrenti e ordinarie, al contrario, esso risulta essere una rappresentazione completa del risultato aziendale nel corso dell’esercizio trascorso. Possiamo quindi affermare che questa è la definizione tipica di reddito operativo ergo il “nuovo” primo risultato operativo è il nostro EBIT? Non proprio… dobbiamo rifletterci ancora.

Proseguendo, nell’attività di investimento vengono riclassificati i componenti positivi e negativi di reddito legati a:

  • Investimenti in società controllate, collegate e in joint ventures 
  • Disponibilità liquide
  • Altre attività che generano rendite in modo indipendente dal core business dell’entità

A titolo esemplificativo riclassificheremo in queste categorie, la quota di utili di società collegate valutate a bilancio con il metodo del patrimonio netto, interessi attivi derivanti da investimenti in strumenti finanziari, dividendi derivanti da altre partecipazioni e affitti attivi derivanti a immobili concessi in locazione. Abbiamo appreso che sommando all'utile operativo questi proventi delle attività di investimento isoliamo l'”utile ante oneri finanziari e imposte sul reddito”. Perché non considerare quest'ultimo il nostro reddito operativo?

Proviamo a fare una riflessione: quale dei due redditi operativi utilizzereste per calcolare il ROI (return on investment) di questa impresa? Sappiamo che il ROI è il rapporto fra reddito operativo e il capitale investito ovvero il rapporto fra il valore della “torta” che il nostro capitale ha generato e il valore del “forno che ha sfornato questa torta” che è proprio il capitale investito. È innegabile che nel capitale investito rientrino immobilizzazioni finanziarie quali le partecipazioni, immobili non utilizzati per l'attività ma che generano affitti attivi e altri asset non core. Perché quindi non conteggiare ai fini del ROI anche i proventi o i costi generati da questi assets? Questa riflessione ci porta a considerare più adatto l'utile ante imposte e oneri sul reddito a rappresentare il nostro caro reddito operativo.

Chiaramente il tutto va valutato caso per caso ma è proprio l’IFRS 18 a venirci in aiuto. L’IFRS 18 fornisce precise indicazioni per entità che hanno determinati business principali, è previsto che specifiche aziende classifichino nelle attività operative alcuni proventi e oneri che, altrimenti, verrebbero categorizzati nelle attività di investimento o di finanziamento. 

È il caso dell’entità che si occupano principalmente di investimenti in attività e cespiti, esse includeranno spese e rendite derivanti da assets nell’utile operativo (invece che classificarle nell’attività di investimenti). Esiste, tuttavia, un’eccezione a questa regola: i componenti di reddito derivanti da investimenti in collegate, joint ventures e controllate non consolidate, ma valutate con il metodo del patrimonio netto, essi verranno sempre ricondotti alla categoria degli investimenti.

Anche le entità che erogano finanziamenti ai consumatori come business principale hanno precise indicazioni dallo IASB, infatti, esse dovranno:

  • Classificare nelle attività operative i proventi e oneri derivanti dalle passività che emergono dalla raccolta di fondi finalizzata all’erogazione di finanziamenti alla clientela. 
  • Prendere una scelta su come contabilizzare i costi derivanti dalle passività che emergono dalla raccolta di fondi, in questo caso non finalizzata all’erogazione di finanziamenti.

Infine, è evidenziata anche la classificazione di specifici componenti positivi e negativi di reddito: anzitutto, le differenze di cambio da conversione di valuta estera devono essere classificate nelle stesse categorie dei costi o ricavi che le hanno generate; quindi, le differenze di cambio per transazioni derivanti dalla vendita di beni devono essere categorizzate nelle attività operative (la stessa categoria dei beni). In secondo luogo, l’IFRS 18 indica che nella classificazione di incrementi di valore e perdite su strumenti derivati occorre differenziare i valori a seconda che i derivati siano stati perfezionati al fine di copertura da rischi determinati o se rappresentino strumenti speculativi.

Proseguiamo ora nell’analisi di questo nuovo conto economico post IFRS 18.

Procedendo troviamo l’attività di finanziamento, la quale raccoglie le spese relative alle passività derivanti dalla raccolta di finanziamenti e i costi che derivano da passività non di natura finanziaria come quelle per beni e servizi.
Riprendendo l’esempio precedente possiamo classificare i componenti positivi e negativo di reddito del conto economico dell’esercizio 20X1 nel seguente modo:

 

 

Sottratte le imposte merita attenzione il tema delle attività operative cessate: si tratta di effetti creati dalla dismissione di attivi come può essere un’area di business che a bilancio aveva un valore ma viene dismessa introitando un importo inferiore.

Passiamo ora agli indici di misurazione delle performance, MPMs (Management defined performance measures), cosa sono? Un MPM è un subtotale di ricavi e costi che:

  • È utilizzato nelle comunicazioni pubbliche dell’azienda che non siano il bilancio destinato a pubblicazione
  • È usato per comunicare agli investitori il punto di vista del management su un determinato aspetto della performance finanziaria o dell’entità nel suo insieme
  • Non è esplicitamente specificato dall’IFRS 18 o richiesto da altri principi contabili IFRS

Le aziende frequentemente elaborano proprie misure riguardo alla loro performance aziendale; tuttavia, esse non possono essere definite MPM. Infatti, la definizione degli indici stessi chiarisce già quali siano i criteri per individuarli. 

Gli MPM devono essere totali parziali derivanti da proventi e oneri dell’azienda, non possono essere quindi flussi di cassa, devono essere utilizzati in comunicazioni esterne che non siano il documento di bilancio dell’esercizio, come presentazioni agli investitori o relazioni della direzione aziendale. Sono esclusi dalla definizione alcuni totali parziali specifici, come ad esempio, l’utile ante imposte, tali subtotali, infatti, sono già previsti e elencati all’interno dello stesso IFRS 18 o all’interno di altri principi contabili IFRS. Infine, gli MPM devono comunicare la visione della direzione aziendale riguardo all’andamento economico-patrimoniale e finanziario aziendale. La tabella seguente mostra esempi relativi alle misure di performance più conosciute e allora loro classificazione

 

 

​​​​​​La definizione degli indicatori ci ha permesso di comprendere cosa siano effettivamente gli indici di misurazione delle performance, il nuovo principio contabile però si occupa anche di definire i requisiti relativi all’informativa di tali indici. Per gli MPM inclusi nell’ambito di applicazione le entità dovranno comunicare le seguenti informazioni in un’unica nota di bilancio:

  • Una descrizione del motivo per cui l’indice di misurazione delle performance comunica la visione della direzione aziendale su un aspetto riguardante l’andamento dell’entità.
  • Una descrizione sul calcolo del MPM
  • Una riconciliazione con il totale o totale parziale più direttamente comparabile specificato dai principi contabili IFRS (ad esempio riconciliando l’utile operativo rettificato con l’utile operativo definito dall’IFRS 18 e spiegando le rettifiche che li differenziano)
  • L’effetto delle imposte sul reddito e come l’entità l’abbia calcolato.

Etichettatura, aggregazione e disaggregazione

L’obbiettivo del bilancio è fornire informazioni utili e complete, a tutti gli stakeholder, riguardo alle attività, alle passività, all’equity, ai proventi e agli oneri dell’azienda. Per raggiunger tale obbiettivo è necessario fornire sintesi strutturate che sono utili per:

  • Ottenere una prima visione comprensibile degli assets, delle passività, dei mezzi propri, dei ricavi dei costi e dei flussi di cassa dell’entità
  • Fare comparazioni tra aziende diverse o tra bilanci di diversi esercizi della stessa azienda
  • Identificare punti o ambiti in cui gli utilizzatori del bilancio potrebbero chiedere informazioni aggiuntive nelle note

A tale proposito l’IFRS 18 richiede che le entità aggreghino o disaggreghino le informazioni riguardo alle singole transazioni, presentate nel bilancio e approfondite nella nota integrativa, per assicurare che le voci di bilancio siano aggregate a partire da caratteristiche comuni e disaggregate a patire da caratteristiche diverse. 

Successivamente il principio contabile evidenzia che il raggruppamento delle voci, però, non può pregiudicare la lettura del bilancio e in particolare la possibilità che fatti rilevanti possano passare inosservati ai destinatari finali del documento a causa dell’estrema sintesi. Alle entità, infatti, è richiesto di disaggregare determinate informazioni qualora esse riguardino fatti di rilievo; tuttavia, se l’entità non presenterà tali informazioni nel bilancio sarà obbligata a fornirle nella nota integrativa.

Le innovazioni in materia proseguono, infatti, nelle linee guida di tale principio contabile è richiesto all’entità di etichettare con la categorizzazione “altro” un’informazione solo se non è possibile identificare un’etichettatura maggiormente informativa. Inoltre, in caso di aggregazione di diverse voci significative bisogna specificare il tipo di voce etichettata con “altro”, come ad esempio, “altri oneri”, “altre partecipazioni”.  

Ci si aspetta che tale cambiamento possa portare le aziende a utilizzare un’etichettatura maggiormente esplicativa riguardo a cosa sia contenuto in determinate voci.

In terzo luogo, viene affrontata la presentazione e l’informativa sugli oneri classificati come operativi. Gli oneri operativi possono essere presentati per natura (salari, materie prime …) o per la funzione all’interno dell’entità che li ha generati. Un’azienda può classificare alcuni costi operativi per natura e altri per funzione se questo metodo, cosiddetto “misto”, permetterà di realizzare la sintesi più funzionale agli utilizzatori del bilancio. Infine, un’entità che classifica i costi operativi per funzione deve obbligatoriamente specificare cinque determinate voci di spesa per natura, tali voci sono le svalutazioni, gli ammortamenti, i benefit per i dipendenti, perdite o ripristini di valore di immobilizzazioni, svalutazioni o ripristini del valore delle rimanenze a magazzino. Decisione presa dalla commissione per permettere agli investitori di comprendere meglio cosa sia incluso in ogni distinta voce del bilancio, permettendo che possano essere collegate alle informazioni approfondite nella nota integrativa e anche alle voci del rendiconto finanziario.

Altri cambiamenti alla redazione del bilancio

L’IFRS 18 contiene emendamenti all’IAS 7 (Statement of Cash Flows) principio contabile che tratta del Rendiconto finanziario. Le due principali innovazioni sono:

  • Tutte le entità devono utilizzare l’utile operativo come punto di partenza per la costruzione del flusso di cassa della gestione corrente, attraverso il metodo indiretto del rendiconto finanziario.
  • Eliminazione della scelta del criterio contabile tra le alternative: i flussi di cassa relativi a interessi e dividendi, pagati e ricevuti.

Sul secondo punto è doveroso esaminare ogni casistica i flussi di cassa come da tavola che segue:

Benefici e svantaggi dell’IFRS 18

L’International Accounting Standards Board si aspetta che l’applicazione dell’IFRS 18 porterà le entità a fornire agli investitori maggiori informazioni utili riguardo:

  • Alla performance operativa, grazie all’obbligo di riportare l’utile operativo
  • Alla performance prima dell’effetto degli oneri finanziari
  • Alle attività, alle passività, al patrimonio netto, ai proventi, agli oneri e flussi di cassa propri dell’azienda, per mezzo dei nuovi obblighi in materia di etichettatura, aggregazione e disaggregazione.

In generale i nuovi obblighi dettati serviranno a soddisfare il bisogno primario del documento di bilancio di poter fornire e comunicare un’informativa corretta, completa e utile attraverso sintesi strutturate e comparabili tra di loro. 

Rilevante è il significativo aumento di comparabilità che ci si aspetta scaturisca dall’applicazione di tali disposizioni, sia nei bilanci di diversi esercizi della medesima azienda sia tra bilanci di diverse aziende, principalmente grazie a i requisiti di informativa riguardo agli indici di misurazione delle performance; la richiesta di totali parziali e categorie nella redazione dello schema di conto economico, e gli emendamenti all’IAS 7 per quanto riguardo il rendiconto finanziario; i principi di aggregazione, disaggregazione ed etichettatura

Dall’altra parte è certo che una maggiore informativa e una sostanziale modifica dei sistemi di rilevazione e di rendicontazione di un’azienda possano comportare anche ingenti costi di implementazione (temporanei) e successivi costi di gestione, i quali perdureranno nel tempo. In particolare, tali costi saranno minori tanto più le pratiche attuali dell’entità sono simili a quelle richieste dal principio contabile e qualora la maggior parte delle informazioni richieste siano disponibili attraverso i già esistenti sistemi di rilevazione e rendicontazione aziendali.

Autore: Ufficio studi inFinance

Data: Agosto 2024

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