Il “trattamento” del trattamento di fine mandato per gli amministratori


Articolo / a cura dell'Ufficio Studi di inFinance

Il “trattamento” del trattamento di fine mandato per gli amministratori

È prassi molto comune nelle imprese prevedere, oltre alla ordinaria indennità per la carica di amministratore, anche un ulteriore compenso destinato a remunerare la fine del mandato, denominato in breve T.F.M., ovvero Trattamento di Fine Mandato.

Perché operare in tal senso? Non potrebbe essere più conveniente per l’amministratore ricevere il pagamento immediato anche della somma destinata alla fine del mandato? Quando non ci sono motivazioni “civilistiche” occorre guardare al mondo fiscale.

Il vantaggio di prevedere un TFM per l’amministratore è infatti prettamente fiscale. Cosa significa e come funziona?

Studiamo anzitutto il "combinato disposto" degli articoli 105 e 17 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Esaminiamo i commi 1 e 4 dell'articolo 105, intitolato “Accantonamenti di quiescenza e previdenza”:

“1. Gli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente istituiti ai sensi dell'articolo 2117 del codice civile, se costituiti in conti individuali dei singoli dipendenti, sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell'esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi."

"4. Le disposizioni dei commi 1 e 2 valgono anche per gli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui all'articolo 17, comma 1, lettere c), d) e f).”

Da questo capiamo che, in generale, le indennità di fine rapporto sono costi deducibili per l’impresa. Vediamo ora cosa dice il comma 1, lettera c), dell’articolo 17, rubricato “Tassazione Separata”:

“c) indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2 dell'articolo 49, se il diritto all'indennità risulta da atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto, nonché, in ogni caso, le somme e i valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell'autorità giudiziaria o di transazioni relative alla risoluzione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.”

Combinando i due articoli, comprendiamo che il costo dell’accantonamento annuo per il TFM è deducibile ai fini IRES per l’impresa. Tuttavia, lo sarebbe anche il compenso degli amministratori, quindi dal punto di vista aziendale non cambia nulla. Il vero vantaggio è per l’amministratore, che percepisce il TFM, poiché può accedere alla cosiddetta "tassazione separata" in luogo dell'IRPEF ordinaria. Di cosa si tratta?

Dobbiamo fare riferimento all'articolo 21, intitolato “Determinazione dell'imposta per gli altri redditi tassati separatamente” del TUIR, che al comma 1 recita:

"Per gli altri redditi tassati separatamente [...] l'imposta è determinata applicando all'ammontare percepito l'aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all'anno in cui è sorto il diritto alla loro percezione [...].”

Al momento dell'erogazione dell'indennità, sarà poi operata una ritenuta d'acconto pari al 20% ex art. 24, comma 1, D.P.R. n. 600/1973. Inoltre, l’articolo 24, comma 31 del DL 201/2011 (convertito in Legge 21/2011) pone un limite dimensionale al TFM: sull'importo complessivamente eccedente 1.000.000 di euro non si applica più il regime di tassazione separata.

Tutto bene quindi? Non proprio! Esistono diversi aspetti che possono vanificare le possibilità di tassazione separata e anche la deducibilità immediata del costo dell’accantonamento per le imprese, che potrebbero dedurre solo al momento dell’effettivo pagamento. Vediamoli uno per uno!

1. L’importo
L'Agenzia delle Entrate ha discusso molto sull'entità del TFM annuo accantonato, cercando di evitare che gli amministratori sfruttino questo strumento per pagare una minore IRPEF. Per un certo periodo, ha applicato la regola che poneva un limite all’accantonamento annuo, pari al compenso annuo diviso per 13,5, applicando la regola del comma 1 dell'articolo 2120 del codice civile per i lavoratori dipendenti.

Sul punto sono intervenute varie sentenze della Cassazione, tra cui la sentenza n. 24848 del 6 novembre 2020, che stabiliscono che l’importo accantonato non deve essere necessariamente proporzionato al compenso annuo previsto per l’amministratore, ma deve essere determinato facendo riferimento a parametri di ragionevolezza. In sintesi, non conviene esagerare. Accantonare un importo pari a 1/12 del compenso annuo potrebbe risultare un buon parametro.
 

2. La data certa “anteriore”

Abbiamo visto che l’assegnazione di un TFM deve risultare da un atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto. Facile a dirsi, ma difficile a farsi? Su questo punto sono state proposte diverse soluzioni:

  1. Inserire la previsione nel verbale di nomina degli amministratori allegato al bilancio depositato (atto con data certa perché depositato presso il Registro Imprese).
  2. Prevedere il TFM nello statuto sociale (atto a data certa perché notarile).

Tuttavia, all'Agenzia delle Entrate (e anche alla Cassazione), la soluzione del bilancio non va a genio. La previsione del TFM contemporanea alla nomina degli amministratori non è ritenuta anteriore alla nomina stessa.

Cosa fare allora? Sarebbe opportuno convocare un'assemblea che affronti preliminarmente il tema del compenso degli amministratori, prima della loro nomina. Tale assemblea dovrebbe determinare l'importo del TFM, e il verbale della stessa dovrebbe essere trasmesso via PEC o avere una data certa.

3. Elementi certi e precisi

All’Agenzia delle Entrate non basta che lo statuto preveda genericamente il diritto al TFM per gli amministratori. Vuole che l’importo sia stabilito in maniera certa e precisa. A tale riguardo, l’Agenzia si rifà all’articolo 109 del TUIR, che al comma 4 prevede che le spese e gli oneri specificamente afferenti ai ricavi, che pur non risultando imputati al conto economico concorrono a formare il reddito, sono deducibili solo se derivano da elementi certi e precisi.

Ne consegue che, sia per la deducibilità del costo sia per l’applicazione della tassazione separata, deve esistere un atto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, con il quale venga stabilito non solo il diritto dell’amministratore alla percezione del TFM, ma anche l’ammontare annuo o almeno i criteri per la sua determinazione (sul punto si veda la Cassazione, sentenza n. 26431/2018). Quindi, uno statuto che preveda sempre il diritto al TFM degli amministratori, ad esempio pari a 1/12 del compenso annuo, potrebbe risultare idoneo.

Tuttavia, non è così semplice prevedere una regola statutaria che per definizione è granitica a meno di modifiche allo statuto stesso: gli amministratori cambiano nel tempo, per alcuni (magari esterni) potrebbe non essere previsto il TFM, e inoltre, in anni di perdita, potrebbe essere utile non accantonare il TFM per ridurre i costi.

Conclusione

In conclusione, abbiamo visto come la deducibilità dell’accantonamento annuo per il TFM e la garanzia della tassazione separata per gli amministratori sia un vero e proprio "campo minato". Al momento, il percorso appare chiaro, ma come sempre, il fisco non smetterà mai di sorprenderci!

 

Autore: Ufficio studi inFinance

Data: Ottobre 2024

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