Cessioni di crediti deteriorati (NPL) ...imperfette.

Cessioni di crediti deteriorati (NPL) ...imperfette.

In questo contributo affrontiamo il tema della gestione “giudiziale” dei crediti deteriorati, in inglese i c.d. non-performing loans (NPL).

Una premessa, per meglio capire di cosa si tratta, è tuttavia necessaria. 
Cominciamo!

> Che cos'è un "non performing loan"?

È un credito che, come tutti i finanziamenti, è stato erogato da un istituto di credito con le migliori premesse ma che col tempo si è deteriorato e, quindi, non “performa” più; che, in termini semplici, significa che il finanziato non è più in grado di rimborsare il prestito.

> Come si diviene un "credito deteriorato"?

In nostro aiuto utilizzeremo il principio contabile IFRS9, il quale definisce il processo di monitoraggio del credito e, soprattutto, la sua classificazione fra i crediti in bonis o deteriorati.

> Come si opera?

L’IFRS 9 introduce uno strumento, chiamato modello a tre stadi, in base al quale una banca è tenuta a raggruppare i crediti in tre diverse categorie, chiamate “stage”.

Anticipiamo sin d’ora che esistono 3 raggruppamenti: lo stage 1, lo stage 2 e lo stage 3.

  • Precisamente, tra i crediti in stage 1, denominati anche crediti “in bonis”, rientrano quei crediti che non presentano alcun problema di matrice creditizia. Banalmente osserviamo che il nostro debitore è in grado di ripagare integralmente il proprio debito e che non presenta particolari fonti di preoccupazione per il futuro .
  • Proseguendo poi verso lo stage 2, ci troviamo in un raggruppamento dove il grado di rischio aumenta e, con esso, si riduce la probabilità di recupero del credito stesso. Nello stage 2, infatti, rientrano i crediti chiamati “under-performing”, che manifestano un significativo aumento del grado di rischio ma non ancora una conclamata insolvenza. Si tratta di crediti “vivi”, che presentano un’elevata possibilità di recupero, a condizione che vengano tempestivamente intercettati, monitorati e gestiti con efficienza (guarda il video).
  • Infine, in stage 3 si classificano, come ci aspettiamo, i crediti derivanti da situazioni di maggiore gravità. Si tratta di crediti deteriorati, detti “non performing”, sui quali ci concentreremo in questo articolo (guarda il video).

Questi possono essere ulteriormente scomposti in tre ulteriori sotto-categorie:

  1. esposizioni scadute e/o sconfinanti;
  2. inadempienze probabili;
  3. sofferenze.

Sono, altresì, esposizioni per le quali le banche ritengono improbabile che il debitore possa adempiere integralmente alle proprie obbligazioni contrattuali senza che la banca passi ad escutere le garanzie.

In contabilità le perdite attese su questa tipologia di crediti non vengono accantonate ad un fondo, ma vengono contabilizzate direttamente a riduzione del valore contabile del credito.

Pensando al recente passato l’impatto della crisi economica e finanziaria tra il 2008 e il 2014 ebbe pesanti effetti sui bilanci bancari italiani poiché le crescenti difficoltà economiche di famiglie e imprese ebbero a incrementare pesantemente le inadempienze relative ai debiti contratti.

Questo comportò una crescita esponenziale dei crediti deteriorati nei bilanci bancari e con essi una maggiore fragilità degli stessi istituti di credito.

Il sistema bancario ha trovato così una soluzione: liberarsi dei crediti divenuti inesigibili cedendoli ad operatori specializzati proprio in prestiti “difficili”.

Facile a dirsi ma difficile a farsi!

Approfondiamo la questione e noteremo che non è proprio un percorso così immediato.

L’art. 1260 del Codice Civile disciplina la cessione del credito: il creditore può trasferire il proprio credito a terzi, anche senza il consenso del debitore, a condizione che il prestito in questione non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia espressamente vietato dalla legge.

Da quanto apprendiamo, quindi, nulla vieta la cessione di crediti deteriorati.

A questo punto, tuttavia, un’altra domanda sorge spontanea:

Perché mai questi operatori dovrebbero essere così “folli” da accollarsi un credito il cui recupero è molto complesso e oneroso?

Cerchiamo di capire.

Il tutto sta nel “prezzo” di cessione del credito.

Gli operatori specializzati anzitutto dividono le categorie dei crediti fra “secured” e “unsecured”.

  • I primi (secured) sono crediti garantiti solitamente da beni reali con ipoteche e, quindi, il valore di recupero dipende dal valore dell’asset a garanzia nonché dal tempo necessario a ottenere la vendita all’asta del medesimo. Il “prezzo” dei crediti secured può variare molto, generalmente si osserva un range che va dal 15% al 30% del valore originario del credito.
  • I secondi (unsecured) sono crediti meramente “chirografari” ovvero assistiti da nessuna garanzia: i loro prezzo è molto basso è tipicamente può andare da un 3% ad un 7% del valore originario.

Perché le banche dovrebbero allora registrare perdite così importanti cedendo a prezzi così bassi i loro crediti?

L’operazione di cessione di crediti deteriorati offre un doppio beneficio alle banche.

  1. Permette loro di “pulire” il bilancio riducendo anche il monte spese legali, mantenendo solo i crediti “sani” e incassare subito una somma di denaro per ripristinare la propria liquidità.
  2. Le banche contabilizzano poi una perdita risultante dalla differenza tra il credito concesso in origine e l’importo incassato dalla cessione, ottenendo anche il beneficio fiscale della messa a perdita della differenza.

Il meccanismo di cessione dei crediti è “ben oliato” ma di recente una ordinanza del Tribunale di Palermo ha sparigliato le carte stabilendo che queste società che acquistano i non performing loans per poi escutere i relativi crediti non possono procedere con pignoramenti o altri atti esecutivi senza prima provare, con apposita documentazione, di essere i legittimi titolari del credito, a seguito dell’avvenuto acquisto dello stesso.

Il giudice ha richiamato alcune sentenza della Cassazione che esplicitano i seguenti principi: “La parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare della parte creditrice originaria, in virtù di una operazione di cessione in blocco, ha l'onere di dimostrare l'inclusione del credito oggetto di causa nell'operazione di cessione in blocco, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, a meno che il resistente non l'abbia esplicitamente riconosciuta" e si rammenta che "per conforme giurisprudenza la pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell'operazione di cessione dei crediti - pur versata in atti - non è idonea a provare la cessione del singolo credito asserito vantato in giudizio dalla cessionaria".

Nel caso di specie la società che azionava il credito si era limitata a produrre il file informatico della cessione del credito senza produrre tutta la documentazione probante l’esistenza del credito.

Non basta, infatti, pubblicare in Gazzetta Ufficiale una dichiarazione in cui si certifica la cessione.

Attenzione, quindi, alle cessioni di NPLs “imperfette” in quanto si aggiungerebbe complessità alla già complessa situazione dei creditori e dei debitori!

Autore: Ufficio Studi inFinance

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